il diavolo di porta romana

Fu nella notte dei tempi. Fu uno scontro primordiale. Fu l'eterna lotta tra il bene e il male. Da un lato Lucifero, il portatore di luce, il più bello e perfetto degli angeli. Dall'altro Dio. L'atroce scontro si concluse quando Lucifero cadde dal cielo insieme alle sue schiere e precipitò in un lago infuocato. Cadendo Lucifero divenne Satana, signore dei demoni. Ma gli sconfitti non si rassegnarono, cacciati da Dio, decisero di sfidarlo su un piano diverso. E si costruirono un regno che poteva sfidare in forza e bellezza quello del Creatore. Grazie all'oro del demone Mammone e alla perizia di Mulciber, un tempo grande architetto del Paradiso, eressero Pandemonio, il palazzo degli inferi. Pandemonio era protetto da alte mura; aveva torri, ponti, loggioni, giardini. La sua bellezza e magnificenza faceva impallidire le costruzioni del Paradiso. Così Satana divenne il signore del male, con il suo palazzo, i suoi vasti domini e, naturalmente, uno sterminato esercito ai suoi ordini.
Secondo Alfonso De Espina, uno studioso del XV Secolo, i demoni degli inferi sono esattamente 133.306.608 (numero scoperto tramite lunghi e complessi calcoli matematici). Per meglio comandare il suo regno, Satana è circondato da una serie di luogotenenti che hanno il compito di tentare l'uomo e allargare i suoi possedimenti. Accanto al suo trono siedono Belzebù, Leviatan, Asmodeo, Astarotte, Behemot, Belial, Agaliarept, Amon, Aguares, Nebiros, Raum, Baal, Abigor, Belphegor e molti, molti altri. Ogni demone ha il suo compito specifico, ognuno è specializzato in un particolare tipo di peccato. Ma forse tanti demoni non sono necessari, forse la condizione umana è più che sufficiente per far scegliere la via di Satana, la via del male. In epoca moderna l'uomo è alla ricerca di un riscatto. Gli strati bassi della popolazione non vogliono promesse di mondi "altri" di felicità. Scelgono di realizzare i loro desideri, carnali e terreni, subito. E il demonio si trasforma in riscatto sociale. Adorarlo, abbandonarsi alle sue tentazioni è prima di tutto un atto di ribellione e di auto affermazione contro una classe dominante rappresentata in particolar modo dalla Chiesa.
Per aiutare gli uomini nella loro scelta verso il male, talvolta Satana in persona si muove dal suo bel palazzo e decide di camminare tra i mortali. E ad ascoltare i cronisti, in passato, a Milano, non era poi così difficile incontrarlo. Uno dei periodi storici in cui il Diavolo più spesso sembrò passeggiare fra il popolo, fu durante l'epidemia di peste del 1630, quella che il Manzoni racconta ne I Promessi Sposi. Mentre l'epidemia infuriava portandosi via più di mille anime al giorno, si diffondevano notevoli testimonianze. Un contadino raccontò di essere stato invitato in una casa nobile dove aveva visto molte "larve sedute a congresso da un uomo con aspetto di principe ma con la fronte infuocata e occhio fiammeggiante". Ancora più agghiacciante la testimonianza di un anonimo cronista dell'epoca che, certo di aver incontrato Satana, così lo descrive: "Di anni cinquanta in circha con barba quadra et longa, né magro né grasso, né bianco né nero. Comparisce ogni giorno in carrozza superbissimo con sedici staffieri giovani, sbarbati, vestiti di livrea verde dorata et con assai copia di gioie e sei cavalli tirano la sua carrozza". Oggi possiamo dare un nome a quel volto inquietante: Ludovico Acerbi, marchese di Cisterna; e sappiamo che abitava in Corso di Porta Romana al numero 3.
Il marchese Acerbi arrivò a Milano nel 1615, dalla natia Ferrara, per incarico del governo spagnolo. Milano versava in una profonda crisi economica causata da un'inflazione galoppante che congelava ogni possibilità di investimento. L'Acerbi, ricchissimo di famiglia, acquistò da Pietro Maria Rossi, conte di San Secondo, il palazzo al numero 3 di Porta Romana e lo fece ristrutturare completamente in stile barocco (aspetto che conserva tutt'oggi). Anche gli interni furono rifatti e arredati con una profusione di mezzi che solo un ingente capitale poteva permettere. Gli ampi saloni in marmo contenevano statue e dipinti fra i più belli dell'epoca. La popolazione stremata dalla crisi economica non poteva che vedere malamente un simile dispendio di denaro. Ad aggravare la situazione il fatto che dirimpetto a palazzo Acerbi abitasse la famiglia Annoni. Colpiti dai mezzi dell'Acerbi, gli Annoni non volevano essere da meno e cominciarono ad abbellire il loro palazzo per superare in bellezza quello del ferrarese. Presto il tutto degenerò in una bieca gara a chi riusciva ad ostentare lo sfarzo maggiore. Questo inutile scialacquio di denaro potrebbe giustificare le voci sull'Acerbi che cominciarono a diffondersi fra il popolo; una serie di pettegolezzi poco lusinghieri fra i quali anche quello che il marchese fosse Satana in persona. Fra l'altro il suo inquietante aspetto, ben descritto dall'anonimo cronista di cui sopra, e l'assurda mania di circondarsi di giovani paggi e di girare per Milano con un'imponente carrozza trainata da sei cavalli neri, non fecero che alimentare il fuoco di queste dicerie.
Poi ci fu la peste. E i morti. E la carestia. Chi aveva la possibilità, quindi i nobili, fuggì da Milano verso le più sicure dimore di campagna alla ricerca di aria non inffetta. Tra i primi a fare i bagagli e ad abbandonare la città ci furono gli Annoni. Le finestre di casa Acerbi restarono invece illuminate. Il marchese non aveva nessuna intenzione di andarsene. Anzi, prese l'abitudine di organizzare sfarzose feste a cui invitava tutta la nobiltà rimasta in città. E più la peste imperversava e più i morti crescevano, più le sue feste si facevano sontuose e magnifiche. Così la notte, chi si aggirava per la Milano irreale con le strade piene di morti, passando davanti al palazzo al numero 3 di Porta Romana poteva sentire la musica che rimbombava nei saloni, le risate spensierate e le urla di gioia di una nobiltà che si sentiva immortale.
Poi la peste se ne andò, lasciandosi alle spalle una città stremata. Eppure in casa Acerbi nessuno era stato colpito dal morbo. E neanche i nobili che solevano partecipare alle feste del marchese si erano ammalati. E così quelle che erano dicerie, nate forse per invidia, si cementarono nella memoria collettiva della città, fino a ricordare che Satana un tempo abitava a Milano. Al numero 3 di Corso di Porta Romana.