l'inspiegabile morte di bruce lee

Hong Kong, 20 luglio 1973. Ore sedici circa. Bruce Lee arriva nell'appartamento dell'attrice Betty Ting-Pei in compagnia del produttore Raymond Chow per discutere la sceneggiatura del nuovo film che Huang Long (il Piccolo Drago), soprannome con cui è conosciuto Lee, avrebbe girato: The Game of Death. Poco dopo l'arrivo nell'appartamento di Betty, Bruce accusa un forte mal di testa e la sua collega gli da un analgesico, l'Equagesic.
Ore diciannove e trenta circa. Dopo aver deciso, a grandi linee, la sceneggiatura del film, Bruce va nella camera da letto di Betty, mentre Raymond lascia l'appartamento, d'accordo con Lee di incontrarsi più tardi al ristorante dove avevano appuntamento con George Lazenby (il James Bond di Agente 007 - Al servizio segreto di Sua Maestà), un altro dei protagonisti di The Game of Death. Durante la permanenza a casa di Betty, i tre hanno bevuto solo bevande analcoliche e non hanno fatto uso di sostanze stupefacenti.
Ore ventuno e trenta circa. Raymond torna nell'appartamento dalla Ting-Pei e trova Bruce Lee profondamente addormentato nel letto di Betty.
Ore ventidue circa. Raymond cerca di svegliare Bruce, dapprima scrollandolo, poi arrivando a prenderlo a schiaffi. Betty, preoccupata, chiama il suo medico, il dottor Chu Pho-Hwye.
Ore ventidue e venti circa. Il dottor Pho-Hwye arriva a casa di Betty e per dieci minuti prova a rianimare Bruce. Ogni tentativo risulta inutile. Il dottore chiama un'ambulanza e, stranamente, fa portare l'agonizzante Lee al Queen Elisabeth Hospital, molto più lontano dell'Ospedale Battista.
Ore ventitre circa. Li Junfan, conosciuto in tutto il mondo con il nome americano di Bruce Lee, viene dichiarato ufficialmente morto.
La sera stessa la notizia fa il giro del mondo ma, misteriosamente, tutti i giornali riportano che Bruce Lee è morto nel giardino di casa, accanto alla moglie Linda. Solo quattro giorni dopo si comincia a diffondere la voce che l'attore è morto nel letto di Betty Ting-Pei, giovane e bella promessa del cinema di Hong Kong. Molti giornali cominciano a sospettare qualcosa di poco chiaro nella scomparsa del divo. In realtà sembra che il primo comunicato stampa, diramato poco dopo la morte di Bruce, fosse stato voluto dalla stessa Linda Lee, che preferiva evitare che si sospettasse che il marito e Betty Ting-Pei fossero amanti.
I segni di una condizione di salute preoccupante nel Piccolo Drago si erano già manifestati qualche tempo prima. Il 10 maggio di quello stesso anno, negli studi della Golden Harvest, Bruce Lee e alcuni suoi colleghi erano chiusi in una sala di registrazione per concludere il doppiaggio de I tre dell'Operazione Drago. L'afa di Hong Kong era insopportabile, ma il sistema di condizionamento doveva restare spento per non causare fastidiosi fruscii nei microfoni. Lee appariva affaticato e chiese di poter andare in bagno. Scusandosi con i colleghi, con camminata incerta, si recò nell'edificio accanto. Dopo venti minuti un fattorino andò a chiamarlo per continuare il lavoro. Entrato nel bagno, trovò Lee accasciato a terra, catatonico. Lo aiutò a rialzarsi e lo accompagnò nella sala di registrazione. A fatica Bruce arrivò fra i suoi colleghi e poi crollò a terra privo di conoscenza. Raymond Chow venne subito avvisato e quando arrivò nello sala di registrazione trovò Lee ancora incosciente, che respirava a fatica e tremava. Fu chiamato un medico, il dottor Charles Langford, dell'Ospedale Battista. Il Piccolo Drago fu portato d'urgenza all'ospedale, dove lo stesso Langford e un neurochirurgo, il dottor Peter Woo, constatarono che Bruce aveva le convulsioni; i suoi muscoli si contraevano e si rilassavano, mentre gli occhi roteavano a destra e a sinistra. Nonostante i tentativi dei medici le condizioni non accennavano a migliorare e allora gli fu somministrato del Manitol per ridurre il notevole gonfiore del cervello che era stato riscontrato. Dopo due ore e mezza il paziente riprese i sensi. Inizialmente Bruce era confuso e non riusciva a parlare. Solo dopo molte ore le sue condizioni tornarono normali. In quell'occasione Bruce ammise di aver masticato foglie di marijuana.
Nei giorni seguenti Bruce si recò a Los Angeles per degli accertamenti medici e gli fu riscontrata una forma di epilessia.
Comunque nessuno riusciva a spiegarsi la tragica scomparsa di un uomo di trentadue anni che mangiava solo cibi naturali, curava il suo corpo, faceva molte ore di allenamento fisico tutti i giorni, tanto da essere considerato in tutto il mondo il re del kung fu. L'epilessia riscontrata non sembrava preoccupante, tanto che Lee prendeva regolarmente il Dilantin che gli era stato prescritto dai medici di Los Angeles. Così la sua morte fu giudicata sospetta: fu ordinata l'autopsia e venne aperta un'udienza in tribunale.
Uno dei primi risultati accertati dall'autopsia furono le tracce di marijuana nell'organismo di Lee (0,5 mg nello stomaco e 0,4 mg nell'intestino), parimenti non furono riscontrate tracce di alcun tipo di veleno conosciuto. Il patologo R. R. Lycette testimoniò al processo che la marijuana non poteva in alcun modo essere la causa della morte, che però poteva essere stata provocata dall'ipersensibilità a uno dei componenti dell'Equagesic, il medicinale che Betty Ting-Pei aveva dato a Lee contro il mal di testa. Lo stesso patologo però affermò di aver riscontrato un'anormale turgidità del cervello (durante l'udienza disse che era gonfio come una spugna) e una serie di piccole e misteriose emorragie circoscritte.
Al termine del procedimento, dopo aver ascoltato i medici e tutte le persone che avevano avuto contatti con Bruce Lee nei suoi ultimi giorni di vita, risultò che la morte del Piccolo Drago, causata da un edema celebrale, era da attribuirsi ad una disgrazia.
Ma qualcuno non era d'accordo.
Già pochi giorni dopo la morte di Lee, l'ipotesi dell'omicidio cominciò a farsi strada. Alcuni misteriosi episodi rafforzarono questa convinzione. Mentre il corpo di Bruce, pronto per il funerale nel completo blu che aveva indossato in Il Furore della Cina, veniva trasportato a Seattle per la sepoltura, la bara venne rigata e il vestito stinse, macchiando il raso bianco che rivestiva l'interno della cassa, tanto che fu necessario sostituirla. Per molti erano chiari segni del fatto che l'anima di Bruce Lee non riposava in pace.
Ma chi poteva volere Bruce morto?
I candidati sembra fossero tanti. In prima battuta sicuramente i grandi maestri orientali di arti marziali. Bruce Lee aveva inventato una nuova tecnica, il Jeet Kune Do (si può tradurre come la Via per Intercettare il Pugno), che mischiava kung fu tradizionale, pugilato americano e lotta da strada. In realtà, lo stesso Lee, ne parlava come di un non-metodo, cioè un sistema privo di rituali, quindi di tradizione, che vedeva come unico scopo quello di battere l'avversario. Ai puristi questo ovviamente non andava bene, perché consisteva in un'eccessiva semplificazione delle arti marziali orientali e una disgiunzione da tutta la parte filosofica che ne consegue. Purtroppo il Jeet Kune Do stava sempre più prendendo piede, sulla scia del successo di Lee, mettendo in ombra i metodi classici del kung fu cinese. Gli stessi maestri disprezzavano anche il fatto che Lee insegnasse agli occidentali, tecniche che appartenevano al sapere segreto dell'Oriente. Aggiungiamo anche il fatto che quegli stessi maestri erano nauseati dall'eccessiva violenza dei film di Lee, che usava le arti marziali per uccidere, cosa contraria all'etica che ne è alla base. Di motivi per togliere Lee dalla circolazione ne avevano in abbondanza.
Ma avevano buoni motivi anche i potenti rappresentanti del cinema di Hong Kong, invidiosi della fama internazionale che Bruce stava ottenendo. Qualche settimana prima della morte di Lee, sembra che i rapporti con il suo produttore Raymond Chow fossero molto tesi e che il Piccolo Drago stesse per passare agli studi degli Shaw Brothers, storici rivali della Golden Harvest, la casa di produzione a cui apparteneva Chow. Questa lotta per accaparrarsi la persona che ormai decideva le sorti del mercato cinematografico di Hong Kong, non faceva altro che danneggiare i piccoli produttori, molti dei quali erano già falliti, travolti dall'onda del successo di Lee.
A questo elenco di sospetti potremmo anche aggiungere la Triade, la mafia cinese, a cui sembra che Bruce non passasse parte dei suoi guadagni (cosa che invece facevano, e probabilmente fanno ancora, tutti gli attori di Hong Kong).
In più ci sono i Giapponesi; Lee, dotato di poco tatto, aveva dichiarato spesso di odiare il karate giapponese, a questo uniamo il fatto che Bruce fu il primo orientale a conquistare il mercato occidentale e Lee era un cinese, non un giapponese.
Ma se veramente di omicidio si è trattato, come potrebbero essere andate le cose?
Banalmente la prima ipotesi che si potrebbe avanzare è quella di un qualche particolare tipo di veleno vegetale, come quelli tipici della tradizione del ninjutsu (quella dei guerrieri ninja), che non lasciano tracce o, se le lasciano, non sono facilmente riconoscibili come tali dai non iniziati a queste tradizioni.
Più inquietante una seconda ipotesi: ad uccidere Bruce potrebbe essere stato lo stesso kung fu. Le arti marziali possono uccidere, si sa. L'energia di queste discipline sta proprio nel controllo della forza bruta per evitare che questo accada. Nell'antico Oriente era però usanza che i campioni dei diversi dojo, si affrontassero in terribili duelli che terminavano solo alla morte di uno dei due contendenti. In questo scenario comparvero tecniche oscure, conosciute da pochi iniziati, il cui scopo dichiarato era quello di uccidere. Alcune di queste tecniche sono giunte fino ad oggi. Una di esse si basa sui punti nevralgici del nostro corpo (gli stessi dell'agopuntura), conoscendoli e toccandoli nel modo corretto e possibile provocare la morte immediata dell'avversario.
Ancora più oscura la tecnica malese del palmo vibrante. Questa branca segreta del kung fu, insegna a convogliare la propria energia interiore in vibrazioni risonanti che convergono verso la mano. Appoggiando la mano su una persona si possono trasmettere queste onde, che alterano la circolazione e distruggono i vasi sanguigni (le piccole emorragie riscontrate durante l'autopsia sul corpo di Lee). Controllando l'intensità di queste vibrazioni è possibile decidere il lasso di tempo in cui la persona "toccata" morirà, che può essere di alcuni minuti, ma anche di diversi anni. Sembra che la persona colpita non si accorga di nulla fino all'avvicinarsi del momento della morte. Se qualcuno avesse voluto uccidere Bruce con questa tecnica sarebbe stato sufficiente incrociarlo per strada, urtarlo accidentalmente e produrre una vibrazione in grado di ucciderlo dopo qualche mese (i primi effetti si sarebbero fatti sentire con il malore di maggio e la morte sarebbe sopraggiunta solo a giugno).
Si tratta solo di ipotesi, la verità probabilmente non la conosceremo mai.
Stranamente un destino beffardo, o forse la stessa oscura mano che aveva spezzato la vita di Lee, il 1 Aprile 1993 si portò via il figlio primogenito del Piccolo Drago: Brandon Lee. Vent'anni dopo la morte del padre, un colpo di pistola, sparato sul set del film Il Corvo (che presto sarebbe diventato un successo internazionale) colpì a morte il giovane Brandon. Lo sparo, a distanza ravvicinata, rese vana la corsa in ospedale e il lungo intervento cui venne sottoposto il figlio di Bruce; la morte sopraggiunse dopo una lunga agonia.
Nonostante la polizia di Wilmington, in un primo tempo, dichiarò che il colpo proveniva da una direzione diversa rispetto a quella della pistola di scena, presto la versione ufficiale divenne quella per cui nella pistola era inavvertitamente rimasta la parte superiore di una pallottola vera, con cui l'arma era stata caricata in una scena girata poco prima. La detonazione a salve della scena in cui Brandon era stato colpito, fu sufficiente per far partire il pezzo del vero proiettile rimasto nell'arma. Tragica fatalità o, come dissero in quel lontano 1973 al termine del processo per la morte di Bruce Lee, disgrazia.
Chiudiamo con le parole che Linda Lee pronunciò il giorno del funerale del marito: egli ha vissuto ogni giorno come un giorno di scoperta. I suoi trentadue anni sono stati vissuti intensamente. L'anima dell'uomo è un embrione contro il corpo dell'uomo. Il giorno della morte è il giorno del risveglio. Lo spirito continua a vivere. Quando verrà anche per noi il giorno del risveglio, lo ritroveremo.
Lunga vita al Drago.