lazzaretto - via san gregorio, 5

Nel 1468 un notaio milanese, Lazzaro Cairati, scrive una lettera a Galeazzo Maria Visconti, signore di Milano, per sottoporgli il progetto di una struttura destinata ad accogliere i malati di peste in modo che non contaminino la cittadinanza. Vicino a Milano, a Cusago, esiste già una struttura con questa funzione, si tratta di un'antica dimora viscontea, insufficiente però a contenere il numero sempre crescente di appestati. La proposta del Cairati viene accolta con entusiasmo, ma la mancanza di denaro nella casse milanesi la rende purtroppo inattuabile.
Vent'anni dopo però, una cospicua donazione fatta all'Ospedale Maggiore dal defunto conte Galeotto Bevilacqua, riporta in auge la vecchia proposta. Il luogo identificato per questa nuova imponente struttura è una località dalle parti di Lambrate di nome San Gregorio. Sono i medici però a sostenere che il luogo non sia adatto e propongono, al suo posto, i vasti terreni non edificati al di fuori di Porta Orientale (l'attuale Porta Venezia), appartenenti all'abbazia di San Dionigi. La località viene ribattezzata San Gregorio Nuovo e, nel 1488, viene deposta la prima pietra sotto la giuda dell'architetto Lazzaro Palazzi.
La nuova struttura, detta lazzaretto, anche se il suo nome ufficiale è Edificio di Santa Maria della Sanità, viene terminata nel 1513. Si tratta di un quadrilatero di centocinquantamila metri quadrati circondato da un fossato, detto Fontanile della Sanità. All'interno un porticato corre lungo tre lati. Al centro si trova una struttura coperta per ospitare le messe (struttura che in seguito sarà trasformata nella piccola chiesa di San Carlo al Lazzaretto, ancora esistente). La struttura conta su duecentoottantotto camere tutte provviste di due finestre, un camino, un pagliericcio e una latrina. Per evitare inutili diffusioni di contagio ogni lato è adibito a un diverso tipo di malati (i sospetti infetti sono tenuti lontani dai malati accertati e dai convalescenti, quelli che ormai sono guariti dalla terribile malattia). Ad assistere i malati c'è uno sterminato gruppo di medici, barbieri, cuochi e frati. Le regole del luogo sono ferree e chi non le rispetta viene torturato e, nel peggiore dei casi, condannato a morte. Al centro della struttura insieme alla chiesa si trova quindi la macchina per le torture, accanto a quelle che sono definite le tre F: i ferri (le catene per i condannati), la forca e il fuoco (usato per bruciare gli indumenti infetti).
Purtroppo le epidemie di peste sono sempre più frequenti e sempre più numerosi i contagiati e presto anche questa nuova struttura risulta inadeguata (nei momenti peggiori ogni camera deve contenere fino a trenta ammalati). Per ovviare, durante la terribile pestilenza del 1630 (l'ultima che ha colpito Milano), si costruiscono tende e ripari di fortuna nel grande giardino della struttura che arriverà a ospitare oltre diecimila contagiati (tutti gli altri ammalati sono smistati in lazzaretti di emergenza creati nelle chiese di San Barnaba e San Rocco al Gentilino). Al termine dell'epidemia ci si rende conto che una struttura di quel tipo è inutilizzabile in caso di massicce epidemie e si decide così di adibirla a compiti differenti. Il lazzaretto di Milano diventa così una caserma, poi un ospedale militare e infine una prigione.
Da qui in poi la struttura comincia a essere divisa in più parti e a cambiare completamente aspetto. Nel 1791 una trentina di stanze ospitano la Scuola di Veterinaria. Nel grande cortile cominciano a nascere orticelli. Altre stanze vengono trasformate in botteghe. O divengono l'abitazione di persone molto povere.
La struttura è ormai fatiscente e nell'Ottocento il Comune non sa più come impiegarla. Si pensa di fare al suo interno la nuova Stazione Centrale, ma il progetto naufraga. Nonostante tutto una linea ferroviaria lo taglia a metà all'incirca lungo il tracciato dell'attuale viale Tunisia. Nel 1860 si costruisce addirittura un viadotto per permettere alle strade di superare l'edificio (viadotto abbattuto negli anni Trenta del Novecento).
Il 1880 è l'anno in cui si decidono le sorti dell'edificio. La struttura viene messa all'asta e ad acquistarla è il Banco di Credito Italiano. La parola d'ordine ora è demolire. Si comincia subito e nel 1886 l'edificio praticamente non esiste più. Al suo posto sorge un grande quartiere di case e botteghe. Quello che ancora oggi potete ammirare nel quadrilatero chiuso tra le vie Lazzaretto, San Grogorio, Buenos Aires e Vittorio Veneto. L'unico tratto superstite dell'antica struttura si trova al numero 5 di via San Gregorio e oggi ospita la chiesa ortodossa di San Nicola. Qui si trovano ancora cinque camere e mezza del lazzaretto con il portico rivolto verso quello che un tempo era l'interno della struttura, i comignoli sul tetto e un tratto del fossato che un tempo lo circondava interamente. Una curiosità, sotto il tratto superstite di portico ancora si conserva una vecchia lapide che dice: «O viandante, il passo trattieni ma non il pianto».