astronavi sulla preistoria

In un momento imprecisato della storia passata un gruppo di donne e di uomini è intento nel lavoro di tutti i giorni. Qualcuno scuoia degli animali, altri stanno intrecciando delle corde, altri ancora, con l'aiuto di alcune pietre, fabbricano degli strumenti. In un angolo, fuori da una capanna di fango e paglia, altri uomini, vestiti solo di pelli, si stanno preparando per partire per una battuta di caccia.
Improvvisamente l'attenzione di tutti viene attratta da una serie di fulgide luci che si accendono a intermittenza nel cielo. Tutti rivolgono lo sguardo in alto. Un suono acutissimo accompagna questa visione in grado allo stesso tempo di terrorizzare e affascinare. Nessuno di loro ha mai visto niente di diverso da un uccello o da una nuvola volare nel cielo. Ora sopra le loro teste ci sono giganteschi oggetti metallici che emettono suoni e luci. Uno degli oggetti metallici rompe la formazione e scende a un'altitudine inferiore rispetto agli altri. Le sue dimensioni sono imponenti. Gli uomini e le donne che lo stanno osservando si guardano e sanno che devono andare verso il luogo dove l'astronave sta scendendo. Per quello che ne sanno potrebbe trattarsi di una qualche divinità che vuole interloquire con loro. Tanti sono gli dei che governano la loro vita, non è così strano che qualcuno di loro finalmente si sia accorto della loro esistenza e abbia deciso di venire in loro aiuto.
Gli uomini in una lenta e muta processione vanno verso la radura dove l'enorme nave di metallo proveniente da chissà dove è atterrata. Si dispongono a semicerchio attorno al grande oggetto che non sono in grado di comprendere e attendono un segno. Il segno si manifesta in un portellone che, tra lo sfrigolare del vapore, si apre. Dalla rampa scendono alcuni essere umanoidi con una grande casco tondo che gli copre il volto. Non sembrano mossi da cattive intenzioni e vogliono subito prendere contatto con il capo di quegli uomini preistorici.
Ovviamente stiamo descrivendo un fatto inventato. Anche se secondo alcuni studiosi nella preistoria del nostro pianeta non è così improbabile che fatti del genere siano accaduti. Scrittori come lo svizzero Erich Von Däniken e l'italiano Peter Kolosimo (a cui abbiamo "rubato" il titolo di questo articolo) hanno immaginato che frequentemente alieni provenienti da mondi lontani abbiamo fatto visita al nostro pianeta prendendo contatto con i suoi primitivi abitanti per aiutarli a progredire imbeccandoli, diciamo così, riguardo ad alcune particolari scoperte scientifiche.
Per i popoli primitivi quegli esseri provenienti dal cielo a bordo di misteriose e lucenti macchine volanti altro non sarebbero stati che dei che li aiutavano nella vita di tutti i giorni e come tali sarebbero stati rappresentati nelle rozze forme artistiche che dominavano il nostro passato. Le prove dell'arrivo di questi visitatori di pianeti lontani sarebbero quindi disseminate in ogni angolo del mondo. Uno di questi angoli si trova non distante da Bergamo e da Brescia, in val Camonica: il luogo dove si trovano le incisioni rupestri dei camuni.
Ma andiamo con ordine. Facciamo anzitutto la conoscenza dei camuni. Si tratta di un popolo italico che a partire dal I millennio a.C. si stanziò nell'attuale val Camonica. L'origine di questo popolo di cacciatori e pastori seminomadi è ancora oggi avvolta nel mistero: secondo alcuni sarebbero da associare alle popolazioni dei liguri, per altri invece sono strettamente imparentati con le popolazioni celtiche dell'Europa centrale. Nel corso della loro storia entrarono in contatto anche con gli Etruschi da cui pare derivi il loro strano alfabeto. Sappiamo anche che erano noti ai romani sotto il nome latino di camunni. A partire dal I secolo d.C. i camuni furono sottoposti al dominio dell'Impero Romano che in qualche centinaio di anni li sottomise al processo di latinizzazione che toccava a tutti i popoli assoggettati facendogli perdere molte delle caratteristiche che li avevano distinti come popolo. Caratteristiche che erano estremamente omogenee in tutta la zona a causa del relativo isolamento della val Camonica che si protrasse fino alla conquista romana.
Nel 1908 Walther Laeng segnalò per la prima volta sulla rivista del Touring Club Italiano due massi incisi da lui scoperti dalle parti di Cemmo. Erano i primi vagiti di quella che si sarebbe rivelata una scoperta di archeologia preistorica dalla portata straordinaria. Fino agli anni Venti nessuno si occupò seriamente delle figure che sempre più spesso venivano segnalate tra i monti della val Camonica. Fu allora che grazie al contributo di alcuni studiosi come Giovanni Bonafini, Giovanni Marro, Paolo Graziosi e Senofonte Squinabol si intrapresero i primi studi seri sulle tracce lasciate dai camuni nella loro storia millenaria.
Immediatamente questi incredibili reperti furono assurti a una notorietà internazionale tanto che negli anni Trenta furono oggetto degli studi di alcune spedizioni provenienti dall'estero. Dopo la forzata pausa dovuta alla Seconda Guerra Mondiale le ricerche ricominciarono con nuovo slancio grazie soprattutto all'opera di Laeng e all'istituzione del Parco Nazionale delle Incisioni Rupestri di Naquane, a Capo di Ponte. Fu il primo tentativo di racchiudere le tracce lasciateci dai camuni all'interno di parchi protetti anche dal punto di vista naturalistico e a cui, nell'arco dei decenni, faranno seguito molti altri notevoli esempi come la riserva naturale di incisioni rupestri di Ceto, Cimbergo e Paspardo.
Negli anni Cinquanta nuova linfa agli studi sulle incisioni dei camuni fu dovuta anche al lavoro di Emmanuel Anati che rinvenì nuovi disegni e cominciò un lavoro sistematico di studio e di catalogazione di tutte le scoperte fatte. Fu lo stesso Anati a fondare il Centro Camuno di Studi Preistorici che si fa carico della maggior parte delle iniziative legate ai camuni, alla loro storia e alla conservazione del patrimonio che ci hanno tramandato.
Oggi che i petroglifi (così si chiamano le incisioni rupestri) dei camuni sono stati riconosciuti come patrimonio dell'umanità dall'Unesco, sappiamo dell'esistenza di un numero variabile tra le duecentomila e le trecentomila incisioni catalogate sparse in una zona che comprende principalmente i comuni di Capo di Ponte, Nardo, Cimbergo e Paspardo, tutti in provincia di Brescia. Questo vastissimo patrimonio è stato realizzato interamente dai camuni in un lasso di tempo di circa ottomila anni, a partire dal Neolitico fino all'epoca della dominazione romane. Esistono anche tracce, molto scarse, di incisione realizzate in epoca successiva, in particolare durante il Medioevo. Alcune incisioni sono state datata addirittura al XIX Secolo.
La tipologia delle situazioni ritratte varia tantissimo e si va da semplici oggetti di uso comune fino a complesse scene di vita quotidiana come ad esempio quelle dedicate alla caccia. Una delle più note rappresentazioni dei Camuni è quella della Rosa Camuna, un particolare simbolo che è stato ritrovato in un centinaio di incisioni e il cui significato è ancora oggetto di controversia. La sua fama è però tale che a partire dal 1975, grazie alla stilizzazione studiata da alcuni famosissimi designer (Bruno Munari, Bob Noorda, Roberto Sambonet e Pino Tovaglia), è divenuta il simbolo della Regione Lombardia.
Ma torniamo ai visitatori spaziali. Il professore sovietico Alexei Kasanzev fu il primo ad avanzare l'ipotesi di contatti tra gli uomini preistorici e gli extraterrestri. Fu proprio lui a far notare come alcune raffigurazioni presenti in val Camonica potrebbero servire a sostenere questa sua teoria. Alcuni petroglifi rappresentano infatti esseri all'apparenza umanoidi che indossano degli strani copricapo che partono dalle spalle e assomigliano tanto alla rappresentazione stilizzata di un casco spaziale. Inoltre da questi caschi partono dei raggi che li fanno quasi sembrare luminosi. Queste figure impugnano, a modi arma, dei piccoli triangoli. Secondo molti si tratterebbe di simbolici archi (anche se molto più piccoli di quelli che si trovano in mano ai camuni rappresentati nelle scene di caccia). Secondo Kasanzev quei triangoli rappresenterebbero la conoscenza di cui questi visitatori spaziali si facevano portatori. Pare infatti improbabile che i camuni conoscessero la geometria, cosa che invece gli sarebbe stata spiegata dagli alieni. In altre figurazioni i guerrieri camuni si lanciano verso strane costruzioni che secondo molti rappresenterebbero delle capanne e che invece secondo Kasanzev altro non sarebbero che le astronavi degli alieni.
Si tratta ovviamente di niente di più che un'ipotesi, affascinante fin quanto vogliamo, ma sempre ai limiti della credibilità. Quello che però va fatto notare è che molte di queste strane rappresentazioni preistoriche si trovano in maniera pressoché identica in culture tra loro lontanissime. In Uzbekistan, non distante dal villaggio di Okhna, lungo il fiume Sciahimardan, un archeologo russo ha scoperto un graffito che rappresenta uomini che indossano lo stesso casco raggiato che abbiamo trovato in val Camonica. Gli stessi presunti viaggiatori spaziali sono stati ritrovati anche nel deserto di Toro Muerto, nella parte meridionale del Perù, dalla ricercatrice Christine Dequerlor. A voi l'arduo giudizio.