l'altra madonnina

Il 1774, anche se molti milanesi lo ignorano, fu un anno fondamentale per Milano. La Fabbrica del Duomo lavorava a pieno ritmo, ma la fine dei lavori sarebbe stata ancora lunga a venire. La facciata definitiva, infatti, sarebbe stata scelta nel 1805, dopo le forti pressioni fatte da Napoleone, mentre le guglie, la cui costruzione era iniziata qualche decennio prima, avrebbero visto la conclusione solo nel 1885. Nel 1774, come stavamo dicendo, sulla guglia più alta della Cattedrale, venne posta la statua alta 4 metri e 16 centimetri, modellata da Giuseppe Perego e Giuseppe Bini, raffigurante la Madonna, che presto, per tutti, sarebbe diventata la Madonnina; da allora, dall'alto dei suoi 108,5 metri, vigila su Milano e i suoi abitanti, simbolo della nostra città.
Facciamo un salto avanti nel tempo, siamo negli anni venti, il Duomo ha ormai l'aspetto che tutti conosciamo e l'Italia attraversa uno dei periodi più controversi della sua storia: il Fascismo. In quegli anni il Comune promulga una disposizione speciale, voluta dallo stesso Mussolini, che ordina che nessun edificio possa superare in altezza la Madonnina, che deve restare la vetta della città. Ignoriamo le ragioni di tale disposizione, che appare quantomeno assurda.
Pochi anni dopo Giò Ponti e altri due architetti (Chiodi e Ferrari) tentano la prima sfida della Milano moderna all'altezza. Sono anni di fermenti culturali e l'architettura sta esplorando forme e contenuti nuovi. Milano vuole un'esposizione internazionale triennale delle arti decorative e industriali moderne e affida al Sironi la realizzazione di sei grandi archi isolati, temporanei e ai tre architetti il progetto della Torre del Parco (oggi Torre Branca perché resa di nuovo agibile nel 1972, dopo decenni di inutilizzo, dalla Fernet Branca), una struttura in tubi di acciaio, a pianta esagonale, sulla quale viene collocata una piattaforma panoramica che offre una vista di Milano che toglie il fiato. Il progetto, proprio per le disposizioni volute dal Governo, si ferma a 108 metri, cinquanta centimetri più in basso della Madonnina.
La guerra abbatte gli animi e i lavori architettonici passano in secondo piano. Milano è una città piegata e distrutta dai bombardamenti che hanno infierito in particolar modo in alcune zone.
Solo all'inizio degli anni cinquanta la gente ritrova la capacità di sognare e nuovi architetti si lanciano nella corsa all'altezza. Lodovico Belgioioso, Enrico Peressuti ed Ernesto Nathan Rogers progettano la Torre Velasca (inaugurata nel 1958), un gigantesco parallelepipedo in cemento, alto 26 piani (in metri fa 106) con la parte superiore aggettante, che gli conferisce la caratteristica forma a fungo, facilmente riconoscibile nella sky-line milanese. In realtà la forma è studiata per meglio armonizzarsi con le architetture medievali che contraddistinguono la zona. Comunque, il primato della Madonnina è ancora al sicuro.
Dal 1955 al 1960 la sfida definitiva viene lanciata e il limite infranto. Ancora Giò Ponti, questa volta in compagnia di Egidio dell'Orto, Antonio Fornaroli, Alberto Rosselli, Giuseppe Valtolina, Arturo Danusso e Pierluigi Nervi, progetta il grattacielo Pirelli o, come lo chiamano tutti i Milanesi, il Pirellone. Il grattacielo, voluto da Alberto e Piero Pirelli nella zona dell'ex cascina Brusada, in cui sorgevano la loro fabbrica e i loro uffici, distrutti dalle bombe della guerra, diventa subito il simbolo di una Milano che, già allora, produceva il 12% del reddito nazionale. L'enorme edificio in cemento armato, marmo e alluminio, con una base di 1050 metri quadrati larga 18 metri, 9500 metri quadrati di finestre, dieci ascensori e trenta piani, è alto 127,1 metri: l'altezza massima segnata dalla Madonnina è solo un ricordo. Ci troviamo davanti al secondo più alto edificio d'Europa, battuto solo dal Canary Whraf di Londra e l'undicesimo più alto al mondo.
I Milanesi sono stupefatti, lo scrittore Luciano Bianciardi lo definisce una "fiaba verticale".
L'edificio, dalle simmetrie severe, rastremato ai lati sui quali si trovano quattro piloni cavi, si ispira, a detta degli stessi architetti, alle suggestioni metafisiche di De Chirico e diventa subito un edificio simbolo, tanto che a lui si ispirano i progettisti americani del noto grattacielo Pan Am. La zona circostante è subito investita da un vento di rinnovamento, per compensare la mole di un edificio che prima era circondato solo da bassi caseggiati fatiscenti. Nasce in quegli anni la zona che verrà denominata Centro Direzionale (quella che si trova tra via Filzi e Melchiorre Gioia) fatta di alti grattacieli (il più alto è la torre Galfa che tocca i 104 metri) che, però, non concorrono con il Pirellone.
Il fascismo era caduto ma la disposizione di mussoliniana memoria continuava a permanere come regola non scritta tra il Comune e la Curia. Il cardinale Montini consiglia che la Madonnina resti nel punto più alto della città. Nel 1960, senza cerimonie pubbliche e senza che venga dato risalto alla cosa, sul tetto del Pirellone viene posta una copia alta solo 85 centimetri della celebre statua. Nonostante tutto, la Madonnina continua a vigilare su Milano dal punto più alto possibile.
Anche quando, nel 1978, il grattacielo viene ceduto alla Regione Lombardia la presenza della Madonnina rimane sconosciuta. È il professor Gian Mario Merli, un medico, a rendere pubblica la notizia, a metà degli anni novanta, appassionandosi a tal punto alla ricerca da diventare un "cacciatore" di copie della Madonnina. In questi ultimi anni è riuscito a trovarne altre sette, sparse per la Lombardia e, addirittura, una a Gerusalemme.